UN PROBLEMA DI «GENI»
Anche la dislessia ora ha il "suo" gene. Dal nome
impronunciabile: DYX1C1. Lo hanno individuato ricercatori di Stoccolma,
studiando alcune famiglie finlandesi in cui la malattia è ricorrente. «La
scoperta conferma che c’è una predisposizione familiare alla dislessia»,
spiega Emanuela Maggioni, primario del Servizio di neuropsichiatria e
riabilitazione dell’età evolutiva dell’Ospedale don Gnocchi di Milano. Oltre
alla genetica, però, altre cause non ancora chiare potrebbero essere
all’origine della dislessia.
Quali che siano le cause, il risultato è che il cervello dei dislessici
funziona un po’ diversamente da quello degli altri. «Studi condotti con la
risonanza magnetica funzionale e con la tomografia a emissione di positroni
(PET) hanno permesso di stabilire che, durante la lettura, nel cervello dei
dislessici si attivano zone diverse rispetto a quelle che si accendono nel
sistema nervoso dei bambini che leggono senza difficoltà» spiega Emanuela
Maggioni. Ciò, tuttavia, non significa che chi soffre di dislessia sia meno
intelligente degli altri. Anzi, il fatto che il suo cervello funzioni in un
modo un po’ diverso lo facilita nel trovare soluzione originali ai problemi,
lo rende creativo e vivace. Non a caso, numerosi dislessici si sono distinti
in campo artistico e scientifico.
SCOPRIRLA SUBITO
Ma le qualità creative faticano a emergere se il bimbo dislessico non viene
capito e se la diagnosi non è fatta per tempo.
«A volte genitori e insegnanti pensano di avere a che fare con un piccolo svogliato, o poco intelligente» prosegue Maggioni. «Ciò ritarda gli accertamenti necessari alla diagnosi e allontana il momento in cui viene iniziata la riabilitazione». Questa, così come la diagnosi, viene fatta in centri specializzati e le spese sono rimborsate dal Servizio sanitario nazionale. «Va però detto che in Italia i centri specializzati a questo scopo sono ancora troppo pochi» puntualizza l’esperta.
I campanelli di allarme, comunque, vanno colti subito.
«Alcuni segnali possono manifestarsi ancora prima che il piccolo si confronti con la lettura» spiega la specialista. «Per esempio: se un bambino a 4 anni parla ancora con un linguaggio incomprensibile per un adulto, la causa potrebbe essere la dislessia».
«A volte genitori e insegnanti pensano di avere a che fare con un piccolo svogliato, o poco intelligente» prosegue Maggioni. «Ciò ritarda gli accertamenti necessari alla diagnosi e allontana il momento in cui viene iniziata la riabilitazione». Questa, così come la diagnosi, viene fatta in centri specializzati e le spese sono rimborsate dal Servizio sanitario nazionale. «Va però detto che in Italia i centri specializzati a questo scopo sono ancora troppo pochi» puntualizza l’esperta.
I campanelli di allarme, comunque, vanno colti subito.
«Alcuni segnali possono manifestarsi ancora prima che il piccolo si confronti con la lettura» spiega la specialista. «Per esempio: se un bambino a 4 anni parla ancora con un linguaggio incomprensibile per un adulto, la causa potrebbe essere la dislessia».
LA RIABILITAZIONE
Anche se una vera diagnosi non è possibile prima dei sette anni, con i
bambini molto piccoli che mostrano questi segnali si può iniziare un
trattamento. «La prima tappa della riabilitazione consiste nel lavorare sui
disturbi del linguaggio. In ciò è fondamentale la figura del logopedista, che
aiuta i bambini a imparare ad articolare i suoni» spiega l’esperta.
L’intervento sulla lettura, invece, può seguire strategie diverse. In alcuni
casi si tratta di insegnare al piccolo alcuni trucchetti, che gli permettono
di aggirare l’ostacolo: per esempio, come dedurre la seconda parte di una
parola o di una frase leggendo soltanto la prima.
«Nella riabilitazione è basilare il contributo di genitori e insegnanti» dice Maggioni. «Gli insegnanti devono essere informati e non pretendere compiti che il bambino ha difficoltà a portare a termine, come la lettura a voce alta». «Spesso alla dislessia è associata anche una difficoltà a fare i calcoli» prosegue l’esperta. «Per questo, nella risoluzione dei problemi di matematica, gli insegnanti dovrebbero permettere al bambino dislessico di usare la calcolatrice. Ma su questo si incontrano resistenze».
I genitori, poi, possono dare un contributo importante leggendo per i loro figli i libri di testo. Così il bambino non resterà indietro nell’acquisizione dei contenuti. A leggere imparerà dopo.
Per informazioni, anche sui centri per la riabilitazione, ci si può rivolgere all’Associazione italiana dislessia, tel. 051-270578.
«Nella riabilitazione è basilare il contributo di genitori e insegnanti» dice Maggioni. «Gli insegnanti devono essere informati e non pretendere compiti che il bambino ha difficoltà a portare a termine, come la lettura a voce alta». «Spesso alla dislessia è associata anche una difficoltà a fare i calcoli» prosegue l’esperta. «Per questo, nella risoluzione dei problemi di matematica, gli insegnanti dovrebbero permettere al bambino dislessico di usare la calcolatrice. Ma su questo si incontrano resistenze».
I genitori, poi, possono dare un contributo importante leggendo per i loro figli i libri di testo. Così il bambino non resterà indietro nell’acquisizione dei contenuti. A leggere imparerà dopo.
Per informazioni, anche sui centri per la riabilitazione, ci si può rivolgere all’Associazione italiana dislessia, tel. 051-270578.
Fonte: Corriere della Sera (03/11/2003)
Nessun commento:
Posta un commento